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giovedì 7 agosto 2014

La Mela (Armageddon: parte prima)

LA MELA
Armageddon: Parte prima


“Se il mondo deve finire, facciamolo finire come è iniziato.”

1


UTÒPIA, Distretto 09-19



L’androide muta la propria forma e i nano-robot rendono le sue mani in uno spara-sedativi.
In quel momento capisco che mi vogliono prendere viva e il primo pensiero coerente che attraversa la mia testa è uno e uno solo: merda.
Inutile attivare l’effetto trasparenza della tuta che indosso – non puoi fregare gli androidi di sesta generazione con trucchetti da mago. Merda, mi ripeto, sperando che sia la parola d’ordine a un’idea geniale per salvarmi il culo. È il momento in cui rimpiango di essere sempre stata considerata il braccio e non la mente in questo piano disperato.
Nella parte inferiore della lente a contatto destra vedo comparire un messaggio di Adam. Muovi il culo da quel punto e vienimi incontro. Altri androidi da sinistra. Torniamo al laboratorio.
Tamburello in modo impercettibile le dita dell’unica mano libera che mi rimane e sulla lente compare la mia risposta. Se mi muovo mi fa fuori e si riprende la merce.
Il volto dell’androide che mi dà la caccia ribolle in modo impaziente e inquietante. Mi metto a pregare una divinità a caso che sia andato incontro a un errore di sistema, e non è così improbabile: quegli idioti del Governo vogliono i nuovi giocattoli senza che siano stati sufficientemente messi a punto.
Sullo schermo lenticolare compare una scritta lampeggiante. MUOVITI ORA.
Mi servono poche frazioni di secondo per capire che è la mia unica occasione e che Adam ha ragione. Per sicurezza attivo il filtro trasparenza e mi butto di fronte all’androide senza avere il tempo nemmeno per un gesto scaramantico. Con la coda dell’occhio vedo che ora la massa ribollente è ancora così instabile da aver coperto quei dannati sensori che sono al posto degli occhi. Con tutta probabilità non mi ha captato.
Merdamerdamerdamerda.
La litania di parolacce finisce non appena vedo l’androide scomparire dietro una parete di metallo. Proseguo qualche altro metro fino a raggiungere delle casse poco distante e mi accovaccio dietro di loro.
«Ce l’hai? L’hai presa?»
Volto lo sguardo solo per incontrare la sagoma di Adam, anche lui in trasparenza e captato dalle mie lenti. Non riesco a leggergli il volto, ma il tono della sua voce non lascia spazio a dubbi: è isterico, spaventato ed eccitato.
Disattivo la mia trasparenza e lui fa lo stesso. Mi infilo una mano fra i seni fino a raggiungere la tasca interna della tuta, quindi lo estraggo e lo mostro ad Adam. È grande come un’unghia, un minuscolo pezzo di silicio. Un circuito vitale.
La Mela.
Ora posso vedere il volto di Adam illuminarsi, anche se gli schermi lenticolari soffocano il bagliore nei suoi occhi.
«Finché non lo portiamo fuori di qui, non ha senso cantare vittoria», lo avviso prima che possa aprire bocca. «Finché non lo diamo a E.V.A[1]., non abbiamo cambiato proprio un bel niente.»
Per un attimo colgo sul volto di Adam un’espressione contrariata e delusa. Poi annuisce. «Ma è un passo in avanti», mi corregge. Vuole festeggiare la nostra piccola vittoria e questa affermazione gliela posso anche concedere. Faccio un cenno con il capo, mentre rimetto il circuito nella tasca interna della tuta.
«Ora basta perdere tempo», lo rimprovero in modo brusco. Ho ancora i nervi a fior di pelle, all’idea che un androide di sesta generazione sia distante poco più di cento metri da me. «Quella fottuta sentinella potrebbe ancora essere inceppata, ma non passerà molto tempo perché ne arrivino altri. Dobbiamo muovere il culo da qui, hai capito?»
Adam annuisce ancora più convinto. Le sue mani guantate si stringono attorno all’impugnatura della sua pistola. Io faccio lo stesso e, nonostante la tuta sia un isolante termico, riesco a percepirne il freddo della mia arma. No, non può essere, mi dico. È solo suggestione. Come è suggestione che la Mela sia calda, anche se non è a diretto contatto con la mia pelle. Quel circuito non ha vita. Quel circuito è freddo, morto, mai stato vivo. È solo un fottuto circuito.
Dal corridoio da dove sono sbucata, dei click clack inquietanti preannunciano quello che avevo temuto: il sistema dell’androide deve aver posto rimedio al bug. La sentinella è tornata operativa.
Merda, ripeto per l’ennesima volta, ma cerco di trattenerlo nella mia mente. Cerco anche di controllare anche il rumore assordante del mio respiro e del battito del mio cuore. La tuta dovrebbe schermarmi dalla rilevazione termica dell’androide, ma non posso esserne sicura: in fin dei conti, benché abbia studiato le cianografie della progettazione degli androidi di quest’ultima generazione, nessuno mi assicura che non siano state apportate delle modifiche in fase di costruzione.
Fanculo. Il solo tempo di avere quest’unico pensiero e la mano dell’androide buca la parete di metallo di fronte a me. Un proiettile sedativo per un soffio non mi prende in pieno petto, ma mi sfiora la spalla e si perde fra gli scatoloni alle mie spalle.
Nel primo attimo di smarrimento, sono convinta di essere fortunata. Il momento successivo ricordo che il mio avversario è un androide e gli androidi non sbagliano la mira, non in maniera così lampante. Alla fine, in questa consapevolezza, intravedo la mia via d’uscita.
Le mie dita battono leggere sulla mia gamba e sullo schermo lenticolare condiviso compare la seguente scritta: Il suo sistema è fottuto.
Adam rivolge il suo sguardo verso di me e sorride. Probabilmente ha già capito come sfruttare questa informazione a nostro vantaggio, ma non so se sia una certezza o se sia qualcosa che spero, in quanto l’androide si sta già aprendo la strada attraverso il pannello di metallo e si prepara a sparare un’altra volta il sedativo. Più si avvicina, più so che le probabilità che sbagli ancora mira si riducono drasticamente.
«Adam», dico e la mia voce è poco più di un sibilo rabbioso che soffia fra i denti serrati. Non c’è tempo di battere le dita. «Se hai qualcosa in mente, falla adesso!»
Solo nell’istante successivo mi rendo conto che sto gridando al vuoto. Adam con un balzo ha già superato gli scatoloni e ha già puntato la pistola al plasma agli occhi dell’androide. Due colpi secchi e la vista della sentinella va in frantumi.
«Presto, prima che riattivi gli infrarossi!», mi dice senza distogliere lo sguardo dal robot.
Ho pochi secondi per capire che cosa sta accadendo. Supero gli scatoloni per seguire l’esempio di Adam e mi fiondo addosso all’androide. Il colpo della mia pistola a scarica elettromagnetica, deciso, gli arriva alla base del cranio e frigge i circuiti primari. L’androide collassa a terra come se non avesse mai avuto uno scheletro, mentre i pannelli camaleontici, fottuti dalla mia scarica, fanno ribollire i suoi arti in forme che non hanno senso.
In quel momento sento di poter cantare vittoria. «Non ci posso credere, abbiamo fatto fuori un androide di sesta!», esclamo, non senza un tono di voce infantile. Sorrido e rivolgo ad Adam un tacito invito a levare le tende. Ma basta solo quell’attimo di distrazione, solo quello. Il sollievo di aver messo a fuori uso un androide di sesta generazione non mi fa percepire il segnale di pericolo che compare in alto a sinistra sullo schermo lenticolare, nell’area riservata a me e me soltanto. Solo un attimo, e un dolore lancinante mi attraversa il retro del collo come una scossa elettrica. La sensazione si estende lungo tutta la spina dorsale e mi paralizza. Con la coda dell’occhio riesco a vedere un androide con la mano spara dardi puntata ancora nella mia direzione.
Un altro fottuto androide, schermato fino all’ultimo, fino a quando non mi ha colto di spalle.
Ci hanno fregato.
Ci hanno fregato buttandoci addosso prima il modello difettoso e poi quello perfettamente funzionante.
«Lilith!», sento Adam gridare. Al diavolo la comunicazione attraverso lo schermo lenticolare, probabilmente l’androide di sesta generazione legge le nostre onde celebrali.
Tutto diventa ovattato.
Veleno o sonnifero?
Mentre cado a terra realizzo che lo saprò solo se e quando mi risveglierò. Non è più in mio controllo ormai.
«Cazzo, Lilith! No!»
Le grida di Adam si fanno sempre più confuse. E in fretta.
Quella merda entra in circolo molto velocemente.
Vorrei gridargli di mettere la Mela in salvo. Ma il mio partner in questa missione non è stupido.
Sa cosa fare.





Ricordo: È vietata la copia/la riproduzione/la rielaborazione del materiale appartenente a questo blog, nel caso specifico alla serie di racconti "Armageddon", senza previa autorizzazione.  In caso di citazione, fare riferimento alla maternità dell'opera (Eleonora Pescarolo) e al blog "www.servimiilcielo.blogspot.it". (fare riferimento alla licenza creative commons a fondo della home page).




[1] Elettro-Veicolo Atemporale

mercoledì 6 agosto 2014

Armageddon: presentazione


ARMAGEDDON: TRAMA

Lilith, Adam, EVA, una mela e un mondo futuro in cui ogni libertà è negata, in cui ogni essere umano - per il bene comune - è privato del libero arbitrio e condizionato fin dalla nascita a comportarsi secondo schemi precisi. Questa è Utòpia. Ma ci sono anche delle anomalie. Qualcosa nel processo di condizionamento va storto. Un piccolo gruppo di persone, di tanto intanto, riesce a realizzare di essere in un sistema contorto, riesce a desiderare la libertà di scelta e di vita: quelle sopravvissute, che formano la resistenza, riescono finalmente a mettere le mani su qualcosa che può davvero porre fine a Utòpia: l'anomalia 42-12. Un essere umano dall'incredibile intelligenza. Un essere umano che ha un piano. 


Che cos'è Armageddon? 
Armageddon è un racconto a "puntate" che apparirà su questo blog. Come avrete capito, il genere è fantascientifico. Più precisamente, poiché Ispirato alle opere di Dick, Huxley e Orwell, andiamo su un fantascientifico distopico. Tendo subito a precisare che cerco di riprendere più Huxley e Orwell piuttosto che il filone ultimo di distopia - primo fra tutti la saga di Hunger Games. 

Piccola curiosità: Armageddon è ambientato nello stesso mondo di "48-91" (conosciuto come L'Effetto Farfalla dagli utenti di TheIncipit, sempre opera mia), solo più avanti nel futuro: Utòpia, Androidi di Sesta Generazione e la Brown Corporation saranno ancora presenti in questo mondo. Il mondo di Utòpia però si è completamente realizzato, rispetto allo stato embrionale in cui era in 48-91.

Perché Armageddon?
Perché il mio masochismo non ha fine e, dopo la breve parentesi fèntasi (di cui parlerò al più presto), ho deciso di dedicarmi a un romanzo autoconclusivo fantascientifico di cui Armageddon sarà il prequel.
Sì, avete letto bene, autoconclusivo. Adesso sapete il motivo di tanti acquazzoni quest'estate.

Bene, direi che dopo questa piccola premessa, posso annunciare che il primo episodio di "Armageddon" comparirà su questo stesso blog domani. Quindi, restate sintonizzati!




lunedì 7 luglio 2014

Servimi il cielo riapre!

Dopo aver attraversato il mondo a piedi per scoprire i segreti più reconditi degli eremiti più incalliti, la vostra affezionatissima scribacchina è tornata alla civiltà... e a blogspot. Ho raccolto un po' di cose da raccontare, compresa la mia prima bellissima *sarcasmo* esperienza con l'invio di un romanzo alle case editrici. E compreso il fatto che da un gatto sono arrivata a possederne sette (di cui due affidati ad altre famiglie... ma comunque ne restano cinque!)
Il mondo "scrittevole" mi ha gettato giù dalla finestra del primo piano, ma io ho atteso che le mie fratture si ricomponessero e ora sono tornata in pista (Corri, Forrest, corri!) più agguerrita di prima. Arriveranno nuovi contenuti, sfide, racconti, progetti, personaggi, invettive, recensioni. Sono pronta? Non lo so. Ma non costa nulla prova a rimettersi in gioco, no? 


Io al ritorno dall'eremitaggio

mercoledì 26 marzo 2014

Chiuso per ferie?

Ci sono giorni come questo in cui mi chiedo se ne valga davvero la pena investire su un sogno irrealizzabile. Io ho campato tutta la mia vita sui sogni irrealizzabili. L'essermi iscritta ad archeologia ne è una prova.
Eppure ci sono giorni in cui perdo ogni speranza. 
Ho sempre pensato di essere diciamo portata a fare la cantastorie, di avere una sorta di inclinazione di base, per chi crede a queste cose. La prima cosa che ho imparato a fare dopo a scrivere è stato scrivere storie e non conto palle quando dico che la prima l'ho inventata in terza elementare. Da allora non ho mai smesso di coltivare questa inclinazione, ho continuato a leggere (perché il modo migliore per imparare è osservare) e ho continuato a studiare. Prima la grammatica (sembra una cazzata, ma per molte persone non è così ovvio) e poi via via le regole della scrittura creativa. Quando ha preso piede internet, ho conosciuto altre persone che condividevano la mia stessa inclinazione, chi avendo l'umiltà tale da permettermi di avere uno scambio reciproco, chi con un ego smisurato tale da trattarmi come una bambina solo per la pubblicazione di un libro. Nel bene o nel male, comunque, questo confronto mi ha permesso di crescere, di imparare, di conoscere, di migliorare in modo netto e sostanziale.
Ma se questi altri hanno cominciato a pubblicare e a farsi conoscere, io sono rimasta con i piedi incollati a terra.
Questo è uno dei giorni in cui comincio a chiedermi se ho davvero quella inclinazione. Vale davvero la pena che io mi dedichi a questa passione, a saturare il mercato con le mie cazzate?
Evidentemente qualcun'altro ha deciso per me. 
Perciò ho deciso di prendermi una pausa per riflettere. Potrebbe durare un giorno, una settimana, un mese, un anno, una vita intera. Certo è che non smetterò di scrivere e coltivare la mia passione, ma diventare scrittrice per me è un sogno irrealizzabile. Non sono abbastanza capace e probabilmente non lo sarò mai. 
Per un po' questo blog sarà riservato alle sole recensioni dei libri (di quelli che decido io, quindi nessuna richiesta di recensioni. Sorry, ma per questo periodo va così.) e alle opinioni scrittevoli. 



giovedì 20 marzo 2014

Opinioni scrittevoli - dieci modi per creare un antagonista fantasy (parte prima)

No al colesterolo, sì ai kattivi!

È giunto il momento di riprendere in mano la campagna di salvaguardia dei Kattivi nei romanzi fantasy. Di opinioni scrittevoli il web è pieno, quindi non vedo perché non dovrei aggiungere il mio. 

I coniglietti già si preparano a piangere. Kattivi!

Perché di preciso nei fantasy? In realtà volevo fare un articolo generico, ma proprio in questi giorni mi è capitato sottomano un fantasy il cui kattivo si chiama Lord Tenebra. Invece di far piangere i coniglietti, ha fatto piangere me. Io ci sto mettendo cuore e anima nella lotta alle stronzate, per difendere la dignità del genere fantastico, e mi tirate fuori queste amenità?
No. No no e poi no.
Quindi, dato che i decaloghi vanno di moda, beccatevene uno.


10 MODI IN CUI CREARE UN ANTAGONISTA FANTASY 
(E ALTRETTANTE COSE DA EVITARE NEL FARLO)

Avvertenze: qualcuno dei novelli Tolkien potrebbe sentirsi offeso.


1. NON DATE NOMI LEGATI ALL'OSCURITA' O AL MALE,NOMI IMPRONUNCIABILI E/O RIDICOLI

Dai, lo sappiamo che l'oscuro signore è Sauron. O Voldemort. Ora basta. Be original, please!
Il nome è qualcosa di incredibilmente importante per un personaggio e questo vale per tutti gli allineamenti, per tutte le professioni, per tutti i ruoli all'interno di una storia. Quindi, per forza, anche per i kattivi. È fondamentale, quindi, evitare le amenità come "Lord Tenebra" Mr. Oscurità, Signoreoscuro1992. Quelli sono utili solo se il vostro kattivo ha intenzione di adescare minorenni su myspace. Evitate anche i nomi che richiamano al villaggio dei Galli di Asterix (tipo, Galbatorix. Che io pronuncio sempre Galbatorìx); sappiamo tutti che la saga di Paolini è affondata anche per questo, suvvia.
L'antagonista è importante. Il suo ruolo, in quanto opposto al protagonista, è fondamentale. Per favore, dategli un po' di dignità, se la merita!

Consiglio spassionato: evitate nomi italiani e/o inglesi all'interno di un fantasy. Avete rotto, è un fantasy, i nomi di questo mondo non si dovrebbero applicare. Io sono arrivata a creare una nuova lingua pur di dare un senso ai nomi che volevo dare: e infatti sono nomi pronunciabili e armoniosi, non nati da una testata alla tastiera. Vi prego. Evitate asihno o ALSDHYTDF o aosdufstaasbd. asdiaggyuasdvpjdfioh. pasd.
Pasd è carino, dai, ma anche no. 

2. IMMENSI POTERI COSMICI.... IN UN MINUSCOLO SPAZIO VITALE!

Mai mai mai e poi mai capirò gli antagonisti maghi che hanno abbastanza potere per prendere il trono, ma non per tenerselo. Evitate di conferire ai vostri antagonisti, o villain , dei poteri incredibili per poi farli perdere in modo misero o stupido o dal primo che passa (o dal primo incaricato da una profezia. Chi ha orecchie per intendere, intenda). Volete che uno dotato di poteri immensi non possa proprio far niente? Allora che gli date i poteri immensi a fare?

Consiglio spassionato: se proprio dovete mettere delle persone dotate di magia, non date loro delle regole stupide o prive di senso. Pensate bene ai suoi meccanismi. E se non ha limitazioni, allora non datele. Eh, è più difficile fare una trama con un antagonista dai poteri illimitati, vero? Ma se riuscite a farlo, verrà apprezzato di più.

3. BIANCO O NERO? GRIGIO!

Non sto parlando del colore della pelle, sto parlando della personalità degli antagonisti. Hanno rotto gli antagonisti tutti kattivi che fanno solo piangere i coniglietti (e i lettori intelligenti). È davvero così difficile fare dei buoni personaggi dando loro delle sfumature? D'accordo, è praticamente impossibile dare le sfumature a tutti i personaggi secondari o alle comparse, ma qui stiamo parlando dei personaggi principali. Gli stereotipi appartengono alle storie alla Everyman (ma erano delle storie la cui funzione, nel medioevo, era fare la morale) o alle storie umoristiche che non richiedono un approfondimento psicologico. Ma se vuoi non state facendo un fantasy umoristico, dovete tener conto anche di questo: i villain, gli antagonisti sono esseri umani. 
Hannibal Lecter sarà un cattivo/cannibale/assassino, ma è una persona raffinata che ama la musica classica e il buon cibo (sorvoliamo sul fatto che è carne umana, eh.) Insomma non vive nello sfacelo solo perché è cattivo. Certo, molti villain sono spinti dall'odio, ma non è detto che non ci sia amore: chi vi dice che il vostro antagonista non ami? Magari è proprio il suo punto debole, l'amore per una donna (o un uomo). O ha dei figli che adora. O che ne sono, lì sta a voi decidere come mettere delle sfumature nel personaggio.
Ma vi prego, mettetele.

4. BRUTTO & CATTIVO! (opposto allo Kalòs kai Agathòs)

Dai, descrivere il kattivo anche come brutto  era una strategia nata nel periodo medievale (ma anche più anticamente) per far capire alla gente analfabeta e illetterata che quel personaggio era pure cattivo, dalle raffigurazioni sulle facciate esterne e sulle pareti interne delle Chiese. Se la gente non sa leggere come racconti? A immagini, ovviamente.
Tuttavia, negli ultimi tempi il tasso di alfabetizzazione è notevolmente aumentato. Quindi, suvvia, evitate di ricorrere a questo stratagemma nei vostri fantasy. I vostri villain, come non devono essere necessariamente 100%KATTIVI(c), non devono essere necessariamente brutti. BRUTTO = CATTIVO denota solo la vostra incapacità narrativa. A meno che non abbiate dei molto validi motivi per fare questa associazione (ma fidatevi, 9/10 non ce l'avete) evitate. 

Consigli: evitate gli occhi magnetici. Odio la definizione di "occhi magnetici" su ogni personaggio, men che meno sui kattivi. 

5. VOGLIO IL POTERE! (perché? Perché sì)

Immaginatevi di interrogare il vostro villain.

"Perché sei villain?"
"Perché voglio il potere!!!!!11111!!!"
"Perché?"
"Come perché? Perché sì!"

Se il dialogo è stato questo, avete ancora molto da lavorare. 
Questo introduce l'ostico argomento della psicologia dei personaggi. Certo, tutti noi nasciamo con delle certe inclinazioni, ma queste vengono alimentate dall'educazione che si riceve o dalle esperienze che si fanno. In parole povere, il vostro villain deve avere un valido motivo per essere villain. Sia per il fatto di essere villain, sia per le azioni che lo muovono. Se il vostro villain ce l'ha con il protagonista perché sì, allora state facendo un pessimo lavoro (a meno che l'antagonista non sia un pazzo furioso, ma allora lì è tutto un altro mondo. È più probabile che lo sia l'autore, comunque.)
Create il passato del vostro villain. Non è necessario mostrarlo buttando addosso una marea di infodump al lettore, ma per voi è fondamentale per delineare il carattere del villain. In realtà, questo discorso vale per ogni personaggio. Ad esempio, il protagonista ha ucciso il suo grande amore? Suo fratello? Sua nonna? Il suo gatto? Magari l'ha fatto per sbaglio, certo, ma si sa che la vendetta acceca. Certo, non si può farla così semplice, dovete dargli comunque uno spessore maggiore, ma è già un passo in avanti per evitare di avere un foglio di carta al posto di un personaggio.


Al più presto arriverà la seconda parte del decalogo! Stay tuned e ricordate: No al colesterolo, si agli antagonisti ben caratterizzati!





domenica 2 marzo 2014

Opinioni scrittevoli - sul fantastico in Italia

Scrivo questo articolo di getto, anche per mantenere vivo questo piccolo angolo di web - che dal 30 dicembre non ha visto l'ombra di un post. Premetto che sono pesantemente raffreddata e il mal di testa non mi dà tregua, quindi chiedo venia per tutte le frasi nonsense e gli eventuali errori grammatical-ortografici che troverete in questo post.
Premessa a parte, volevo prendere spunto da una mia personale esperienza per fare una assai poco professionale considerazione sul genere fantastico qui in Italia. Sì, perché è opinione comune nell'italiano medio, come pure nei colleghi scribacchini/scrittori, che il genere fantastico sia una merda.
Proprio così, è inutile che ci giriamo attorno o che usiamo eufemismi inutili. Qui si pensa che il genere fantastico sia un genere alla portata di tutti, che chiunque possa scrivere un romanzo fantasy o fantascientifico, per non parlare di tutti i sottogeneri. Prova ne è che molti si prendono un annetto per scrivere un romanzetto fantasy da quattro soldi, con un pizzico di mezzelfi assassini che mai guastano, magari che portano nomi che sono nomi comuni scritti al contrario ( e infatti d'ora in poi l'elfo Oiram diventerà il santo patrono delle cazzate), e con un'autopubblicazione su amazon dichiarino di essere i novelli Tolkien o Martin.
Ormai vige il motto "Tanto è fantasy" e di cavolate illeggibili e malpensate ne è pieno il web.
Ma davvero basta a considerare il genere fantastico una merda?
La domanda è retorica, ma comunque meglio esplicitare la risposta: No. Non è giustificabile il quantitativo mostruoso di pregiudizi contro i romanzi che appartengono a questa branchia. Ogni volta che mi dicono che è tutta esagerazione, li invito cordialmente a leggere i commenti nella pagina di Masterpiece, l'infame - a mio parere- talent show sugli scrittori (in cui veniamo dipinti come degli esseri mitologici pieni di qualsivoglia fobia, soprattutto quella sociale, che vivono completamente distaccati dalla realtà. Dei casi umani, insomma.)
Anyway, per tornare in tema, c'era una sfilza tremenda di commenti su come "dai, ma il fantastico? Non è un genere impegnato! Tutti possono scrivere una storia fantastica".
Un mio compaesano era arrivato addirittura a dirmi: "Il fantastico? Pff facile scrivere fantastico quando puoi inventare! più difficile è scrivere di temi politici. QUESTA è vera narrativa!" Per poi essere scartato da millemila case editrici.
No, no, no e poi no. Mi oppongo. Il fantastico è un genere che ha la sua dignità e ha i suoi rappresentanti illustri. Se voi non li conoscete, sono affari vostri. Ma evitate di giudicare nella vostra ignoranza.
Che un sacco di pseudo-scribacchini decidano che è il loro romanzo d'esordio, presentando manoscritti senza arte né parte, beh è vero. Ma non vuol dire che il fantastico italiano sia da buttare. Non vuol dire che non ci siano scrittori che ci si dedicano sul serio o che vogliano dedicarvici. Tutti i generi sono saturi da manoscritti che chiunque, con un minimo senso critico, avrebbe scritto meglio alle elementari. Se proprio volete puntare il dito contro un sottogenere che manco nelle sue espressioni più alte ha un senso, beh, puntatelo contro il paranormal romance. (che paradossalmente è uno dei generi che tira di più. Vai a capire.)
Il problema è che possiamo girarla quanto vogliamo e dire che il genere fantastico ha la sua dignità, ma sulla mia esperienza personale ho scoperto che le case editrici hanno chiuso le porte agli autori che si affacciano su questo genere. Io, ammetto, di voler restare grossomodo nell'ambito del fantastico, perché è il genere che sento che più mi appartiene. Il problema è che, dopo aver dedicato anni al worldbuilding, alla cura dei personaggi e delle ambientazioni del mio manoscritto fantasy, mi sono vista puntualmente le porte chiuse. Nessuno vuole più il fantastico. Nessuno.
A chi mi dice che "Il mercato è saturo, non vende più il genere fantastico", ribatto: il mercato è saturo per tutti i generi, saturo di libri scritti male e poco originali. Perché basta tradurre e sfondare all'estero? All'estero il fantastico è molto apprezzato, in ogni forma d'arte. I telefilm più famosi di sempre sono di genere fantascientifico e fantasy.
Dunque sto dicendo che il problema è in Italia? Sì.
Qui si dice che "il fantastico è un genere stupido per lettori stupidi" o, peggio, per bambini. 
E io di solito, di fronte a questo, posso solo che alzare le mani in segno di resa e dare dell'idiota al mio interlocutore.